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sabato 28 febbraio 2015
lunedì 23 febbraio 2015
sabato 7 febbraio 2015
NULLA
ACCADE PER CASO
“Signora
Farresi, signora Farresi posso intervistarla? Il mio giornale sta
facendo una serie di articoli sulle famiglie più importanti della
Lombardia e la sua è una di queste.” “Certo perché no!”
rispose la donna ormai attempata “Ma non qui. C’è troppa
confusione. Venga mi accompagni, camminiamo un po’ in giardino”.
La giovane assentì e Giulia si aggrappò al suo braccio. “Allora,
cosa vuole sapere?” “Beh tutto.” “A partire dall’incontro
con mio marito in poi suppongo?” “Certo” “Allora sediamoci e
le spiffero tutto” sorrise Giulia.
“Beh
ero andata in un locale con degli amici e …”
“Ciao
Chiara è meglio che vada qui non mi sento a mio agio” “Ma dài
la serata è appena cominciata e poi c’è quel tipo carino che non
ti toglie gli occhi di dosso da quando sei entrata” “Quale tipo?
Di chi stai parlando?” “Non mi dire che non lo hai notato? Dài
quello con la camicia verde”. “No, non l’ho notato e sono stufa
di stare qui io vado” “Ma dove vai! Non hai la macchina. Aspetta
chiamo Alberto ti porta a casa lui” “No, chiamo un taxi ciao ci
sentiamo”. All’uscita c’era calca. In un attimo venni spinta e
finii addosso a… no, non era possibile qualcuno mi aveva
sicuramente fatto il malocchio mi dissi. Ero finita addosso all’uomo
che Chiara mi aveva appena indicato e che per tutta la sera mi aveva
osservata dall’altra parte del locale. “Mi scusi, mi hanno
spinta” dissi rivolgendogli un timido sorriso. “Certo! Cosa non
fareste voi donne per abbordare noi uomini”. “Prego! Crede sia
divertente per me fare la figura della stupida! E per cosa poi per un
bamboccio impomatato. Mi faccia il piacere”. L’uomo rise “Adesso
cosa ha da ridere? Mi trova divertente?” “Sì, lei è proprio uno
spasso” “Ma vada al diavolo! Lei è proprio uno…” “Sì, lo
so, sono un gran maleducato. Me lo dice sempre mia madre” “ Io
avrei usato altre parole, ma visto che sono una signora soprassediamo
buona serata”. Dissi facendomi largo tra la folla che assediava
ancora l’ingresso e sperando così di allontanarmi il più
possibile da quell’individuo tanto odioso. Lui s’inchinò e mi
rispose con una frase che mi fece imbestialire ancora di più, perché
era una vera presa in giro “Allora buona serata a lei signora”.
“Poi cosa accadde?” chiese la reporter a Giulia che in quel
momento si era fermata e si guardava attorno come se cercasse
qualcuno. “Beh” riprese l’anziana donna dopo l’attimo di
pausa, “Quel bell’imbusto riuscì non so come a liberarsi dalla
ressa che lo circondava e uscendo dal locale si diresse alla sua
auto. Proprio nel momento in cui stava per salirvi un mio urlo lo
bloccò”. “No, maledizione! Ci mancava solo questa! Mi si era
rotto un tacco.” Avvicinandosi l’uomo chiese: “ serve aiuto?”
“No, mi si è solo… cominciai a dire poi… No! Ancora lei, ma
cosa vuole da me?” “Io, nulla. E’ lei che si è messa ad urlare
come una matta” “Ah adesso è colpa mia se mi si è rotto il
tacco” Dopo un attimo di silenzio e dopo avermi osservata da capo a
piedi “Prese a dire: “Mi chiedo come mai una come lei metta i
tacchi e così alti poi” “Cosa vuol dire con una come me”
“Voglio dire che una bella ragazza non ha bisogno di certe cose per
attirare gli uomini”. Io sbuffai e gli risposi con rabbia “Allora
perchè se non le piacciono le donne coi tacchi mi corre dietro come
un cagnolino? “Perché là dentro eri la più bella ed
affascinante” rispose attirandomi prepotentemente a sé. “Mi
lasci” gridai “Solo se vieni a bere qualcosa con me” disse di
nuovo passando dal lei al tu “No di certo” gli risposi cercando
di liberarmi dalla sua stretta e continuai “Lei è un pazzo e non
voglio avere nulla a che fare con lei” “Dai non fare la
santarellina. Ho visto come mi guardavi poco fa” “Cosa!”
ribattei io ancora più inviperita. Lei è proprio uno…” In quel
momento mio marito forse stufo di tutte le parole dette appoggiò
lievemente le sue labbra alle mie in un bacio che poi si rivelò
molto più appassionato di quello che voleva essere”. “Poi?”
chiese ancora la reporter ormai presa dalla storia d’amore di
Giulia e Silvio Farresi.
“Poi il
destino non si era ancora preso abbastanza gioco di me perché… Il
lunedì dopo lo avrei rivisto per ben due volte” “In quali
occasioni mi dica: “Allora la prima fu in un bar del centro dove fu
lui ad abbordarmi con la solita domanda di routine.
“Ciao
non ci siamo già incontrati da qualche parte noi due?” Disse
appoggiandosi al bancone del bar. “No, non credo proprio” mentii
guardandolo di storto. Cosa voleva ancora da me quel tipo? Solo
perché, qualche sera prima mi aveva rubato un bacio nel parcheggio
del Cocò adesso si sentiva in diritto di abbordarmi? Non avevo
sopportato il suo modo di atteggiarsi quella sera e non lo sopportavo
ora. Lui continuava a parlare.”Posso offrirti un caffé” “No,
grazie. Ho un appuntamento e sono già in ritardo”.“Peccato sarà
per la prossima volta” “Non ci sarà una prossima volta” Pensai
mentre mi avviavo all’uscita dal locale dimenticando la valigetta
sullo sgabello del bar.
“Signorina,
signorina ha dimenticato …” Mio marito mi rincorse fuori con la
valigetta, ma ero già stata inghiottita dal vai e vieni delle
persone sul marciapiede.
“Poi
mentre camminavo, anzi correvo in fretta per le vie del centro,
perché ero terribilmente in ritardo, mi fermai di colpo ricordando
di aver lasciato la valigetta al bar. Adesso come avrei fatto a
presentare il mio progetto ed essere cosi assunta? Non c’era tempo
di tornare indietro a recuperarla nemmeno se avessi preso un taxi.
Mentre io
imprecavo contro la mia sbadataggine, Silvio era salito sulla sua
auto, con sé la mia valigetta. Aveva cercato all’interno il mio
nome per portarmela a casa, ma nella valigetta aveva trovato solo
disegni su disegni.
Arrivato
in azienda Silvio lasciò la mia valigetta in auto e si diresse
subito in ufficio “Al bar non lo aveva detto, ma anche lui aveva un
appuntamento di lavoro, doveva assumere il nuovo architetto per
l’affare Begasi.
Dopo
molte peripezie che non le sto a raccontare, arrivai davanti
all’edificio di dieci piani ed entrai, mi tremavano le gambe poi
prendendo il coraggio a due mani respirai a fondo memorizzai ciò
che avrei detto per non avere con me i disegni del centro
commerciale.
Nella
hall mi diressi verso il bancone chiedendo: “L’ufficio del signor
Farresi per favore” il guardiano, un ometto piccolo e tondo con un
sorriso a trentadue denti, mi disse “Terzo piano ala C”. Salita
sull’ascensore schiacciai il tre. E pensai come avrebbe giudicato
il signor Farresi una che si presenta a un importante appuntamento di
lavoro senza i disegni e le relazioni sul lavoro svolto? Sicuramente
molto sbadata.
Arrivata
nell’ala C bussai alla porta dell’ufficio dove Silvio proprio in
quel momento stava ammirando il plastico dell’ultimo lavoro che il
suo ufficio aveva svolto. Sentendo il mio bussare rispose “Avanti”.
Entrando dissi. “Buon giorno! Io sono…” Lo vidi girarsi di
scatto al suono della mia voce come se l’avesse memorizzata e la
conoscesse tra mille. Vedendomelo davanti impallidii. E adesso cosa
sarebbe successo? Mi dissi tra me e me mentre lui si avvicinava
sorridendo. “Ci rincontriamo signorina e di sicuro non è una
coincidenza. Stia tranquilla per la sua valigetta è nella mia auto”.
Alzando il telefono interno disse: “Alberto puoi dire a Marcus di
portarmi su la valigetta che trova sul sedile dietro della mia auto?”
Poi rivolgendosi a me disse: “Nel frattempo che aspettiamo posso
offrirglielo un caffé questa volta?” Io annui sconcertata. E in
quel momento mi ricordai le parole che diceva sempre mia nonna:
“nulla accade per caso”.
“Dopo
il colloquio mi invitò a cena e cupido fece il resto. Ora ho avuto
tre figli e sei nipoti e tra qualche mese sarò bisnonna. Cosa posso
volere di più che continuare così meravigliosamente la mia vita?”.
“Nulla”
concluse la reporter chiudendo il registratore. “La ringrazio e la
saluto. Buon compleanno”. “Grazie signorina le auguro una vita
piena come la mia”.
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